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La tavola del cilento è la dieta mediterranea

La ricca tavola del Cilento tra Dieta Mediterranea e biodiversità

Il Cilento non è “solo spiagge e scenari marini” ma ,all’occhio dell’appassionato, appare un’affasscinante e multiforme territorio che ospita il Cilento “contadino” e il Cilento artistico e culturale. Più di ogni altra cosa è ricca la biodiversità. Numerosi sono i Presidi Slow Food. Molteplici le varietà di frutta, ortaggi, l’immancabile pasta fresca, affiancata da insaccati e formaggi. Segni evidenti di una piccola agricoltura e di una tradizionale forma di allevamento.

Un tempo questa sarebbe stata definita “cucina povera”, ma oggi risplende più che mai per la sua ricchezza e la sua varietà. Nel borgo di Pioppi lo scienziato Ancel Keys e sua moglie amarono, studiarono, vissero e gustarono tutta questa “gastronomia”. 

Per una civiltà contadina, abituata ai ritmi della terra, i prodotti più importanti sono sempre stati quelli conservabili a lungo. Alcuni prodotti sono ormai in estinzione, e si trovano solo in piccoli paesini: c’è il fagiolo Regina di Stio, il fagiolo di Mandia, e il Maracuoccio di Lentiscosa (pisello selvatico).

-Fagiolo di Controne: prodotto di nicchia davvero molto ricercato, piccolo, tondo e bianco, utilizzato nei piatti della tradizione, quali “i fagioli con la sccarola”. E’ festeggiato quale Presidio Slow Food ogni fine settimana di novembre in una gustosissima sagra. 

-Fagiolo occhio nero di Oliveto Citra: bianco, di piccole dimensioni, questo fagiolo di caratterizza per il suo “occhio nero”, situato nel punto d’attacco del guscio al bacello. E’ prodotto nei comuni dell’alto Sele: Oliveto Citra, Senerchia, Calabritto, Capo Sele, Valva, Colliano e Contursi Terme. Molto saporito nelle zuppe e può essere abbinato ad altri legumi. 

-Cece di Cicerale: sullo stemma del comune di Cicerale compare una piantina di ceci e la scritta “terra quae cicera alit”, a dimostrare lo stretto rapporto tra questo territorio, la sua coltivazione e il nome stesso del paese. Il piatto più noto e richiesto è sicuramente “lagane e ceci”.

-Carciofo di Paestum IGP (o tondo di Paestum): da Febbraio a Maggio belli e rigogliosi sono un simbolo dell’alto Cilento, e pare che siano coltivati sin dai tempi dei Borboni. Precoci, di pezzatura media e molto teneri, la loro grande versatilità in cucina li rende un ingrediente di gran pregio. 

-Carciofo bianco di Pertosa: si coltiva solo nei comuni di Pertosa, Auletta, Caggiano e Salvitelle, ed è un Presidio Slow Food per la limitatezza della zona di produzione e per le sue alte qualità organolettiche. Dolce, delicato e chiaro, questo carciofo è perfetto per essere consumato crudo o per essere conservato sott’olio. 

-Alici di Menaica: un Presidio Slow Food di un’antica tecnica di pesca, perfettamente bio-compatibile. Le alici pescate a Marina di Pisciotta vengono definite di “Menaica” dal nome delle reti usate dalle poche barche che ancora le utilizzano. Le reti hanno maglie abbastanza larghe per far passare i pesci piccoli e trattenere quelle abbastanza grandi. Le alici vengono lavorate subito e conservate in vasetti di terracotta e tra strati di sale, dove rimangono in maturazione per almeno tre mesi. 

-Soppressata di Gioi: carne di prima scelta, tagliate a punta di coltello e condite con sale e spezie vanno a comporre questo Presidio Slow Food. L’impasto ben lavorato e insaccato in budello naturale si caratterizza per un pezzo unico di lardo che viene messo al centro. 

Ne deriva un prodotto dai profumi intensi, considerato il pilastro di importanti antipasti cilentani. 

-Mozzarella di Bufala Campana DOP: un prodotto tipico del territorio cilentano ma che ormai è  considerato uno dei simboli più noti del made in Italy, assieme alla pasta e alla pizza. Dal 1998 è diventato un prodotto DOP. 

-Mozzarella “co a mortedda”: si tratta di un formaggio a pasta filata, ottenuto dal latte di vacca podolica, molto più sodo e più asciutto della normale mozzarella, caratterizzata dall’utilizzo del mirto che lo avvolge e lo profuma. Il Mirto è una pianta spontanea che nasce sulle montagne cilentane. 

-Cacio Ricotta: è ottenuto dal latte di capra. Le sue note erbacee, il forte sapore di latte danno a questo formaggio un carattere deciso, che viene utilizzato sia sulla pasta che sulla pizza cilentana. Anche questo è un Presidio Slow Food. 

-Fusillo di Felitto: una costante cilentana è la pasta fresca. Questo fusillo è considerato un’eccellenza, nato per i giorni di festa e con radici antichissime. E’ lavorato con il tipico ferro quadrangolare, lungo tra i 18 e i 22 cm, viene abbinato a sughi di carne, tra cui quello di cinghiale o di castrato. 

-Fico bianco del Cilento DOP: la denominazione è riservata ai fichi bianchi essiccati, ma questo frutto dolce e ricercato viene consumato fresco e in moltissime ricette. L’attività di essiccazione dei fichi nel Cilento si avvale da secoli della stessa manodopera agricola che coltiva e raccoglie i frutti dalla pianta. Imperdibili sono i fichi “infilzati”. 

-Marrone di Roccadaspide IGP: da sempre definito l’albero del pane, il castagno è arrivato con i greci, e ha regalato a lungo una preziosa farina che un tempo era fonte di sussistenza. In diversi luoghi del Cilento si incontrano ancora antichi castagneti, in particolare nella zona degli Alburni e del Calore. Unica in Campania a ricevere la denominazione di “marrone” per via della sua grandezza, questa castagna ha proprietà organolettiche tali da renderla una prelibata materia prima per l’industria dolciaria italiana. 

-Miele del Cilento: grazie alla natura lussureggiante della macchia mediterranea, il miele cilentano è di ottima qualità. Tra quelli più curiosi vi è il miele di lavanda, utilizzato per realizzare alcuni dolci, e molto diffusi sono il miele di corbezzolo, di melata e di castagno. 

-Olio Cilento DOP: si ottiene dalla premitura di olive delle varietà Pisciottana, Rotondella, Ogliarola, Frantoio, Salella e Leccino, per almeno l’85 %. Per essere ammesse alla DOP le olive devono essere raccolte solo a mano e molite entro 48 ore dalla raccolta. Il risultato è un olio fruttato abbastanza dolce ed equilibrato, variabile nei suoi sentori in base alle cultivar utilizzate. Lo scrisse anche il poeta Ungaretti-dopo una sua visita nel Cilento-”ulivi, sempre ulivi! In mezzo solo ulivi, come pecore a frotta”. L’olivo nel Cilento ha radici antiche ma pare che siano stati i Focesi, una popolazione profuga di origine greca ad introdurre la più antica varietà da olio locale, la Pisciottana. 

Da non perdere una passeggiata tra gli ulivi secolari, alberi che raggiungono anche i 15 metri, con una chioma folta e vigorosa. 

-Vino Cilentano DOC: nella valle del Calore ritroviamo il più vecchio DOC del 1991 prodotto nei comuni di Castel San Lorenzo, Felitto, Bellosguardo e in parte nei comuni di Aquara, Castelcivita, Roccadaspide, Magliano Vetere e Ottati. Tra gli altri DOC troviamo il Barbera, il Sangiovese, il Trebbiano ed il Moscato, affiancato dai campani Aglianico, Piedirosso e Fiano. E’ del 1989 la DOC Cilento, e comprende ben 58 comuni. Da ricordare inoltre l’IGT Colli di Salerno e l’IGT Paestum. 

I “Celebri”

Si definiscono celebri alcuni piatti classici che utilizzano ingredienti tradizionali o che si caratterizzano per il suo procedimento tipico. 

-Acqua Cecata: piatto povero fatto di pane, alici salate, pomodorini, aglio e olio extravergine di oliva. Rimembra lo spirito. 

-Alici arreganate: simili alle alici inchiappate e a quelle ‘mbuttunate. 

-Baccalà e cicerchie: su di un letto dell’antico legume viene adagiato un pezzetto di baccalà, cotto semplicemente con la sua acqua e un po’ di olio EVO.

-Cauraro: zuppa a base di alici e verdure dell’orto, di solito patate, zucchine, fave, cipolle e finocchietto selvatico. L’utilizzo delle verdure varia tra le zone e la disponibilità stagionale. 

-Ciauledda: si tratta della classica ciambotta diffusa in tutta la cucina tradizionale italiana. Alla base ci sono sempre patate, peperoni e melanzane. 

-Cicci ammaretati: una tradizionale zuppa di legumi, considerata un vero e proprio rituale per il contadino. Molte varietà di legumi e cereali che la compongono sono un modo per “recuperare” gli avanzi della dispensa.

-Cavatielli alla cilentana: un formato di pasta tipico condito con sugo di pomodoro cotto a lungo con carne di maiale e con molto formaggio (solitamente cacioriccotta).

-Coniglio ‘mbuttunat’: nel periodo del brigantaggio si diffuse l’abitudine di cucinare carni ripiene. Questo lo si faceva anche con carne di capretto e galline. 

-Fusilli con ragù di castrato: un sapore forte e deciso e d’altri tempi. 

-Lagane e ceci: pasta a mano tagliata in piccole strisce cotta nel brodo dei ceci.

-Pizza chiena: è una torta salata rustica ripiena, tipica del periodo pasquale, ha un ripieno di uova, salsiccia o soppressata, e formaggio di capra. 

-Pizza cilentana: si distingue dalla pizza napoletana per il suo impasto, che è lo stesso del pane, condita con pomodoro olio EVO cilentano, basilico e cacioricotta di capra. 

-Vascuotti: o “Pane biscotto” sono tozzi di pane duro che si consumano, dopo una veloce bagnatura, insieme alle zuppe o con pomodoro fresco. Sono una grande testimonianza di quanto fosse necessario ingegnarsi per avere cibo da conservare.  

Dolci di festa 

Cannoli cilentani: riportati alla ribalta dal noto pasticcere Salvatore de Riso, la preparazione dei cannoli cilentani prevede due preparazioni. Nella zona di Palinuro sono fatti con ricotta di pecora, fichi e miele, mentre nel resto del Cilento sono fatti con crema pasticciera e crema al cioccolato. 

Fichi infilzati (impaccati o farciti): sono fichi secchi al naturale infilzati in due file parallele su degli stecchini lunghi, oppure farcito con mandorle, nocciole, noci, finocchietto ed anche completamente ricoperto da cioccolato. 

Pasticcelle (o pastorelle): sono dei dolci realizzati nel periodo natalizio, composti da due sfoglie quadrate che contengono una farcia di castagne lessate, cioccolato, cannella e un po’ di buccia di mandarino. In ogni paese si può incorrere in una versione specifica che varia anche solo nel procedimento. 

Rose di Carnevale: è un dolce del periodo di Carnevale. L’impasto dopo essere stato lavorato viene girato su se stesso andando a formare delle rose, queste vengono poi fritte e guarnite o con lo zucchero o con la crema pasticcera.

Scauratielli: sono zeppole natalizie cilentane, aromatiche e fritte, servite con miele e zucchero.